Centro Europeo di Studi di Nisida


Osservatorio e Banca Dati sul Fenomeno
della Devianza Minorile in Europa

Minori droga e criminalità organizzata

A livello nazionale – secondo i dati dell’Osservatorio permanente del fenomeno droga istituito presso il Ministero degli interni – nel 1995 i consumatori di sostanze stupefacenti che fruivano delle prestazioni dei servizi pubblici e del privato sociale ammontavano a circa 104.000 unità. Questa cifra, se confrontata con i dati del decennio precedente, è quattro volte e mezzo più alta. L’incremento è dovuto probabilmente a diversi fattori: una maggiore attenzione nella fase di valutazione, un maggior coinvolgimento dei servizi nel sistema informativo, l’estensione del fenomeno anche in aree geografiche meno colpite negli anni passati (Caritas,1998).
L’assunzione di droghe è strettamente correlato ad un altro problema ossia la detenzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Il dato allarmante è che nel periodo tra il 1990 e il 1998 il numero di minori denunciati alla Procura della Repubblica presso i Tribunali per i Minorenni per produzione e spaccio di sostanze stupefacenti si è raddoppiato; si è infatti passati dai 2.181 casi del 1990 ai 4.145 casi del 1998 (ISTAT, 1999). Inoltre sono i minori stranieri a commettere più violazioni alla legge sugli stupefacenti (Caritas,1999).Ma tutto questo si aggiunge ad un ulteriore nodo critico della realtà italiana relativo al rapporto fra delinquenza minorile e criminalità organizzata. Il problema che fino a qualche tempo fa sembrava circoscritto alle zone comunemente ritenute a rischio come quelle della Sicilia, della Calabria e della Campania appare invece coinvolgere oggi nuovi territori anche se con forme, denominazioni e modalità diverse (De Leo, 1995).
Questi fenomeni non hanno ancora ricevuto grande attenzione da parte della letteratura specializzata ma alcuni episodi riportati dalla stampa ed alcune ricerche si sono interessate alla strumentalizzazione dei minori da parte delle organizzazioni criminali. Lo sfruttamento minorile avviene per diverse attività che vanno dal contrabbando di sigarette e dello spaccio di droga ai reati contro il patrimonio o contro la persona. I minori effettuano una vera e propria scalata al potere e saranno i più scaltri, affidabili e coraggiosi coloro i quali si potranno fregiare agli occhi dei coetanei e degli stessi adulti di aver commesso reati gravi come l’omicidio. Queste azioni possono costituire il salto di qualità per questi ragazzi che diventano così affiliati di rango dei clan mafiosi. L’analisi di molti atti giudiziari di soggetti condannati per reati connessi alle attività delle organizzazioni criminali rivela un percorso caratterizzato da una sorta di apprendistato criminale, iniziato prima del compimento della maggiore età (Caselli, Imbergamo, 1995).
Il disagio minorile e la criminalità organizzata vengono ancora studiati come fenomeni separati anche se fra loro va lentamente emergendo un nesso logico e scientifico. L’utilizzo del minore da parte della criminalità attiene probabilmente a due diversi ordini di motivi: la minore sospettabilità del minore ed lo scarso controllo cui egli è sottoposto, oppure il meccanismo di depenalizzazione. Infatti, grazie alle riforme legislative che hanno investito il codice di procedura penale minorile, gli infradiciottenni seppure imputabili incorrono difficilmente nella pena detentiva e anche se commettono reati gravi ricevono rispetto agli adulti sanzioni meno pesanti.
Sui processi di affiliazione alla criminalità organizzata si possono avanzare per il momento solo ipotesi ed è possibile assumere che i minori entrino in contatto con questa realtà attraverso canali preferenziali quali ad esempio un nucleo familiare già coinvolto in organizzazioni criminali. E’ probabile che l’essere cresciuto in un contesto familiare che accetta e giustifica le regole e la cultura criminali possa essere un elemento catalizzatore per l’entrata del minore stesso nel circuito criminale. Altro fattore alla base dell’affiliazione potrebbe essere una condizione di marginalità sociale o disoccupazione. Ovviamente queste riflessioni non vanno inquadrate in un’ottica deterministica nel senso che non necessariamente l’appartenere ad una famiglia “a rischio” o l’essere disoccupato comportano un’automatica connessione con la criminalità organizzata ma i soggetti che presentano queste caratteristiche hanno una probabilità più elevata di entrare in contatto con questa realtà (De Leo, 1995). Condizioni di degrado sociale e culturale, totale assenza di strutture sociali di aggregazione e prevenzione costituiscono terreno fertile per l’espansione della criminalità organizzata. Del resto la forza delle strutture criminali non si fonda soltanto sugli enormi patrimoni gestiti o sulle collusioni con le istituzioni politiche ed economiche ma anche sulla possibilità di controllare intere aree dove le strutture sociali primarie sono carenti.
Come accennato sopra un dato preoccupante riguarda il coinvolgimento di minori stranieri in attività illecite. Secondo Bouchard (1995) il coinvolgimento di minori stranieri in attività di criminalità organizzata è un dato incontrovertibile anche se rilevare la consistenza e le caratteristiche del fenomeno è impresa ardua. Le condizioni di irregolarità, di marginalità sociale, di povertà rendono l’adulto immigrato estremamente ricattabile da parte della criminalità che può offrirgli documenti falsi, il trasferimento all’estero in forme clandestine, occasioni di lavoro lecite o illecite. Questo rischio si moltiplica per il minore poiché spesso sono gli stessi genitori che riversano su di lui le aspettative di guadagno e affidano a terzi i loro figli affinchè siano introdotti nel mercato del commercio ambulante o del piccolo spaccio.
Come il consumo di sostanze stupefacenti da parte di minori si connetta al loro sfruttamento da parte delle organizzazioni criminali è aspetto ancora più specifico della questione e di conseguenza ancora non esplorato in maniera sistematica e approfondita.
Un’indagine ancora in corso (Benevene, Rondini, 1997) finalizzata allo studio del coinvolgimento di minorenni nel narcotraffico e nel consumo di droghe ha evidenziato alcuni aspetti interessanti connessi alla distribuzione del fenomeno. Sembra infatti che nel nord Italia a partire dall’inizio degli anni ’90 si sia determinato un incremento considerevole dell’utilizzo di minori stranieri, spesso privi di permesso di soggiorno, nello spaccio delle droghe cosiddette leggere. Nel sud Italia invece il fenomeno appare più strettamente connesso alla presenza della criminalità organizzata ed aggravato dalla assenza endemica di servizi e interventi pubblici. In questo contesto sono soprattutto i minori italiani ad essere utilizzati nello spaccio di droghe. Al centro Italia si presenta una situazione meno definita nel senso che si osserva una compresenza di elementi tipici del nord accanto ad aspetti caratterizzanti la situazione del Mezzogiorno.


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